Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/91

Da Wikisource.

cantare secondo 85


40
E quella donna nobile e reale
subitamente sí s’ebbe pensato,
infra ’l suo cuore disse: — Gli è segnale
che Liombruno sí è mal arrivato:
o ch’egli è molto, o ver ch’egli ha gran male!
Tapina me, ch’io feci gran peccato!
Io non dovevo guardar al suo fallo,
che non gli lasciai arme né cavallo! —
41
Per la virtú che aveva quel mantello,
le donne non vedevano l’ardito;
e Liombruno aveva ancor l’anello
ch’ella gli die’, quando si fu partito.
Ed egli allor si ricordò di quello,
e Liombruno, quel signor gradito,
sopra il taglier se lo lasciò cascare.
La donna il vide, e presto ebbe a parlare:
42
— Questo è l’anello cosí grazioso,
ch’a Liombruno diedi quella volta
ch’egli da me partí tanto gioioso,
e verso la sua patria diede vòlta.
Sempre il mio cuor ne resterá doglioso,
e l’alma mia sará fra pene involta
fin che ’l mio cor non veggio e la mia vita! —
E cadde in su la panca, tramortita.
43
Le donne la portorno suso a letto,
fregandole le mani e ’l chiar visaggio.
Ella rivenne e disse con affetto:
— Lassa! tapina me! come faraggio?
Di Liombruno, il mio sposo diletto,
in questa notte saper io vorraggio,
lá dove gli è andato ed in qual parte!
In questa notte lo saprò per arte. —