Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/119

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XIX Il medesimo alla medesima Delle difficoltá che si oppongono alla sollecita spedizione della sua causa. Cosí li dico che, avendo io tentato, per abbreviare l’espedizione di questa mia benedetta causa, di ottenere, per mezzo del duca di Fiorenza, di restringere il numero dei giudici, con farla commettere a dui deili inquisitori, escludendo Carpi e Alessandrino, come sospetti per diversi rispetti, ed essendosi ciò, non so come, saputo da loro innanzi che ne sia seguito l’effetto; non solamente hanno impedito che non segua, con preoccupare l’animo del papa e farli sinistra impressione della causa, ma si sono talmente irritati contro di me, che mal beato me, se avessino le forze di nuocere correspondenti a l’animo. Ma Dio non permette che possano tutto quel che vorriano, ancorché sia molto piú che non bisognerebbe per chi si trova in questi termini. Ora questi, dopo aver fatto far molti consulti da frati teologi sottilissimi e diabolicissimi, per vedere di trovar, come si dice, il pelo ne l’ovo, hanno finalmente trovato non so che poca cosa da attaccarsi, ma piú di apparenza che di effetto; e sopra questo hanno fatto e fanno un grande schiamazzo, pretendendo ch’io debba, volendo esser absoluto, abiurare, ma però secretamente, alcune cose, le quali, oltra che non siano pure erronee, non che eretice, non possono né anche provare che siano state approvate da me piú che tanto, cioè insin che fusse sopra ciò determinato altro dal concilio. E queste sono cose uscite della bottega di Valdés, vendute prima dal Merenda, e poi ricognosciute e approvate da Carnesecchi per tali, poco prudentemente invero, ma pur sinceramente, e come, secondo me, richiedeva l’ufficio del cristiano. Aggiungono bene a queste alcune altre calunnie ancora piú gravi, ma tanto apertamente false, che non possono offendere, se ben danno fastidio e travaglio. Vostra Signoria dirá: — Che fa dunque Trento, che non ti aiuta, e come comporta la bontá e simplicitá di Araceli che si facciano cosi espressi torti? — In veritá non mi posso se non grandemente lodare dell’uno e dell’altro, quantunque questo secondo non cono- Riformatori italiani del Cinquecento - i. s