Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/129

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la gloria a Dio ed a sé la confusione, si come lece el pubblicano, non fu giustificato. Non ti ricordi della parabola dell’evangelico pastore, che lassò le novantanove pecorelle, cioè quelle, che volevano giustificarsi da sé, e salvò quella sola, la quale perché era persa, non sperava salvarsi, se non per bontá del pastore? Però, si come i latroni sono liberati la settimana santa per mera grazia, senz’alcuna opera loro, cosí noi siamo salvi per Cristo senz’opere nostre. E che sia el vero: dimmi, e che opera buona fece el latrone, che meritasse el paradiso? Dirai: — Oh! pati tanto. — Respondo che per li suoi peccati meritava quella morte, per satisfare alla giustizia umana; ma alla divina non arebbe potuto satisfare, se ben fusse morto mille volte. E se mi dicesse: — Fu miracolo che Cristo el salvasse cosí per grazia, — direi ch’el simile è di tutti quelli che si salvano, che ognuno si salva per grazia e per miracolo. Bisogna adunque la nostra giustificazione fondarla tutta in Cristo, e non parte in noi; onde Paulo: «Niuno può porre altro fondamento che quello, che è fondato una volta, il quale è Giesú Cristo. E, se in altro modo facessi, come insipiente edificaresti sopra la rena». Non si può adunque dire, che in parte ci giustifichiamo da noi. Li galati, ingannati dalli falsi apostoli, pensavano giustificarsi per la circuncisione in parte e non in tutto, e senza Cristo; e Paulo non può tollerare tale erronea ed eretica opinione, la quale non dá tutta la gloria a Dio per Cristo. Non possiamo adunque giustificarci con satisfare a Dio né in tutto né in parte. È anco falsa l’opinione di quelli che dicono che, se bene l’opre nostre non sono in sé buone, satisfattorie de’ peccati nostri, né meritorie del paradiso, nientedimeno Dio per el mezzo di Cristo l’accetta per tali, e cosi, secondo loro, è vero che ci giustifichiamo per Cristo. L’opere nostre inanti alla giustificazione per Cristo sono immonde, si come scrisse Paulo. Ed anco Augustino nel libro De civitate Dei vuole che sieno peccati, perché non son fatte principalmente per gloria di Dio, si come siamo tenuti ed obbligati. Vuoi adunque che a Dio per Cristo piaccino l’opere nostre, che sono in sé peccati, e che accetti li peccati nostri per satisfazione di loro medesimi e degli altri