Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. II, 1927 – BEIC 1889291.djvu/282

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Eccone il testo italiano, giá citato a documentare le manomissioni fatte dal Curione. OLIMPIA MORATA ALLA SORKLLA VITTORIA «Alla mia carissima sorella Madonna Vittoria Morata presso l’ili.ma signora Lavinia Roverense Orsina. «Carissima sorella, per la grazia di Dio sento salvi, del che voi ancora ne dovete ringraziar Dio, il quale ci ha tirato fuora e liberato di tanti pericoli, che se io tutti li volesse scrivere, se ne potrebbe fare un gran libro. Noi avento provato le calamitá della guerra e siamo stati quattordici mesi in continue angustie, in mezzo le artelarie, giorno e notte, che in un giorno spesse volte hanno tirato tanti tratti de artelaria contra la terra, che >aria cosa incredibile a raccontarli. F, il Signore tanto ci ha defeso, perfin che ha voluto chiamare il popolo a penitenzia, che pochissimi sono stati ammazzati, ed è stata invitta la cittá, che mai con tutte le forze l’hanno potuto vincere, essendo piccola e non troppo munita. Ma alla fine con tradimento, perché noi pensavamo che i nemici se partirebbono, come da la Sua Maestá e da altri principi era comandato, cosi entrorno ed avendo tolto tutto quello che era nella cittá, la brusciorno. Ma il Signore miracolosamente ci liberò dalla fiamma, avendoci uno delli nemici stessi avvisato che uscissemo fuora, avendo noi deliberato di stare nella chiesa, dove il fumo ci avrebbe, come ha fatto ad alcuni, suffocato. Poi fu il mio consorte pigliato due volte. Quello mi fu un dolore intollerabile, che certo, se il Signore avesse longamente differito il suo aiuto, io dal dolore sarebbe morta. Per grazia di Dio, non mi son curata di perdere ogni cosa, che altro che la cainisia non mi era restato. «Ma il Signore mi ha cominciato a dare le cose necessarie, e ci mandò nelle mani di certi conti signori di alta, che ci hanno vestito onorevolmente. E la moglie di uno di quelli signori, la quale è figliuola de uno de’ gran duchi e nobili d’Alemagna de’ Palatini, mi ricevette essendo io ammalata e malacciata con tanta caritá, che perfin al letto mi serviva. Essa mi donò un zubone ò), che vale piu di vinticinque scudi. Un altro signore che mai non (1) B , rubone.