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120 | vii - cecco angiolieri |
CXIV
Oppure gli suggerisce cibi indigesti, per farlo morire.
Mie madre si m’insegna medicina,
la qual non m’è, crudelemcnte, sana:
clié mi dice ch’i’ usi a la campana
4da otto pèsche o diece la mattina,
che mi faran campar de la contina
e di febbre quartan’e di terzana;
molto mi loda l’anguille di Chiana,
8che ’l cap’è meglio, ch’otriaca fina.
Carne dj bu’e cascio con cipolla
molto mi loda, quand’i’sento doglia:
11e ell’i’ne faccia ben buona satolla.
E, se di questo non avessi voglia
e stessi quasimente su la colla,
14molto mi loda porri con le foglia.
CXV
O, quand’è malato, tenta d’avveleiiarlo.
Si fortemente l’altrier fu’ malato,
ca tutt’avia perduto ’l favellare;e
mie madre, per farmi megliorare,
4arrecomm’un velen si temperato,
ch’avena, non che me, m’attossicato
el mar, e disse: — Bèi, non dubitare! —
Ed i’ feci per cenni: — A me non pare; —
8di non bere nel ine’ cor fui fermato.
Ed ella disse: — Odi, che pur berrai,
e questa prova perder ti faraggio! —
11Allor de la paura terminai,
e cominciai a dir: — Nessun mal aggio. —
Né bevvi da sua man né berrò mai,
14né bevere’ se mi facesse saggio.