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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/134

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128 vii - cecco angiolieri

CXXX

Ed ecco un altro dialogo, in cui pure ha parte quel coraggioso di Mino

— Per cotanto ferruzzo, Zeppa, dimi
se ti facesse fuggir ogne cria.
— l’ti rispondo e dicoti che si mi;
4fu ben perfetta la risposta mia?
— Oimè lasso, ben posso dire ch’imiti
un turbo, ch’ai fuggir par’di carpia!
— Megli’ è ch’i’ fugga, che Ioni dica, li mi
8fu fatta per tardanza villania.
— Deh or pur fuggi, e non guardar chi sia
que; che ti caccia, che ’n tal modo si mi
11fe’ si, che piú contar non lo porla.
— Omè, amor, ell’i’non ten serviria?
Ché non fia nessun, che possa dirmi, mi
14fece partir un ichise di via. —

CXXXI

La pusillanimitá di Mia Zeppa è addirittura un’esagerazione.

E1 fuggir di Min Zeppa, quando sente
i nimici, si passa ogni volare;
e Pier Faste’, che venne d’oltre mare
4in una notte ’n Siena, fe’ niente
a rispetto di lui, ché veramente
il su’ fuggir si può dir millantare:
Die, dagli tu ’l malanno, quando fare
8non può ’l fuggir piú temperatamente.
Ché rimarrebbe tra Lodi e Pavia
alcuna fiata, ma non ne fie nulla,
11ell’e’facci altro, ch’usato si sia.
E’fuggirla per un fanciul di culla;
ond’i’per me non ci veggi’altra via,
14ch’i’ mi vad’affogar. — Or che ti crulla? —