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130 | vii - cecco angiolieri |
CXXXIV
Perché la Morte non vuol prendersi Min Zeppa.
Se ’l capo a Min Zeppa fosse tagliato,
come del giuoco d’Uvil n’avverría,
clic ’l capo da lo ’mbusto partirla,
4e può’ ritornere’ nel primo stato;
e, sed e’ fusse ancor manganeggiato,
vie men, che minestre!, male n’avria;
e, se venen prendesse, li faria
8ch’a san Giován Batista lo beato.
Non il n’avvèn per la vertú di Deo?
Ma la Mort’è, che si disdegna entrare
11in loco si vilissimo e reo!
Che, s’e’ gittato fosse in alto mare,
legato spessament’, al parer meo,
14Niccola Pesce si poria chiamare.
CXXXV
Di un ufficiale angioino, ch’è tutt’apparenza e niente sostanza.
Lassar vo’ lo trovare di Becchina,
Dante Alighieri, e dir del mariscalco:
ell’e’par fiorili d’ór, ed è di ricalco;
4par zuccar caffettin, ed è salina;
par pan di grano, ed è di saggina;
par una torre, ed è un vil balco;
ed è un nibbio, e par un girfalco;
8e pare un gallo, ed è una gallina.
Sonetto mio, vàtene a Fiorenza:
dove vedrai le donne e le donzelle,
11di’ che ’l su’ fatto è solo di parvenza.
Ed eo per me ne conterò novelle
al bon re Carlo conte di Provenza,
14e per sto mo’ gli fregiarò la pelle.