Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/25

Da Wikisource.

i - rustico filippi 19

XXXVI

La sua felicitá è nelle mani dell’amata.

Merzé, madonna, non mi abbandonate,
e non vi piaccia eli’io stessi m’aucida;
poi che venne da voi questa amistate,
4dovetemi esser, donna, porto e guida.
Durar non posso piú, se mi tardate;
convèn per ben la morte si conquida:
oi amorosa somma di bieltate,
8piacciavi ch’io diporti e giochi e rida.
In voi è la mia morte e la mia vita:
oi donna mia, traetemi di pene;
11se noi fate, la vita a mort’è gita.
E, se di me, madonna, a voi sovvène,
la mia faccia dogliosa e scolorila
14ritornerá ’n istato di gran bene.

XXXVII

Amore vuol che il poeta viva languendo, non che muoia.

Amore, onde vicn l’acqua, che lo core
agli occhi senza mai rifinar manda?
Saria per tuo comandamento, Amore?
4Eo credo ben che mova a tua dimanda.
E’ pare a me che sargia di dolore,
e convien che con duol degli occhi spanda;
ché, se dagli occhi non uscisse lòre,
8lo cor morria: Amor non lo comanda.
Amor non vói ch’io moia, ma languendo
viva con si cortese segnoria;
11mi faccia Amor, po’ ch’io non mi difendo.
In quest’è tutti la speranza mia,
ché tanto le starò merzé cherendo,
14che sia pietosa piú sua segnoria.