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vii - cecco angiolieri | 91 |
LVI
Maledice l’inganno, che gli ha fatto la donna.
Maladetta sie l’or’e ’l punt’e ’l giorno
e la semana e ’l mese e tutto l’anno,
che la mia donna mi fece uno ’nganno,
4il qual m’ha tolt’al cor ogni soggiorno,
ed hai si ’nvolto tutto ’ritorno intorno
d’empiezza, d’ira, di noia e d’affanno,
che, per mio bene e per mi’ minor danno,
8vorre’lo ’nanzi ’n un ardente forno.
Però che megli’è mal, che mal e peggio,
avvegna l’un e l’altro buon non sia:
11ma, per aver men pena, il male chèggio.
E questo dico per l’anima mia;
ché, se non fosse ch’i’temo lo’nferno,
14i’ medesimo giá morto m’avria.
LVII
Ma cerca infine di darsi pace.
l’m’ho onde dar pace e debbo e voglio,
sed i’ ho punto di ragion con meco;
po’ ch’e’ con la mia donna stat’è seco,
4so che non debbo ma’ piú sentir doglio.
Di gioi’ mi vesto, di noia mi spoglio,
e ciò, ben ch’è’n l’Amor, a me’l’arreco;
ben posso dire: — Ave, Dominus teco, —
8poi mi guardò di venir a lo scoglio.
Del quale i’ era si forte temente,
cli’a tutte l’ore, ch’i’a ciò pensava,
11si dardellava tutto a dente a dente.
E, non ch’altrui, ma me stess’odiava;
or moglie vo’ coni’ i’ odio ’l gaudente:
14ma innanzi tratto ben so com’andava.