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124 lirici marinisti

ministra de l’aurora;
sí che mentre ondeggiate ai soli estivi
con lei, che lussureggia
con errori lascivi,
non sa chi voi vagheggia,
del servaggio d’amor fatti trofei,
se son vostri gli errori o pur di lei.
     Ma qual maestra mano,
di qual ricca materia ignota a noi
le fila ordisce a voi,
con lavoro sovrano?
Forse de’ velli d’òr per cui ne gío
cosí Giason famoso,
a voi le fila ordío
ingegnero ingegnoso?
o per ordire a voi fila sí belle
filano il Sol la luce, i rai le stelle?
     Se tronche vi rimiro,
di farne corde a l’arco Amor la palma
porta, o lacciuoli a l’alma
che legata sospiro;
o pure a’ rai de l’amorosa face,
tratte su l’alte sfere
in un groppo tenace
da l’acidalie schiere,
vi trasforma possente il dio di Delo
di crin reciso in terra in stelle in cielo.
     S’in lavacro d’argento,
entro i cui flutti Amor le piume asperse,
io vi contemplo immerse,
a contemplarvi intento
gode l’alma di voi l’aureo riflesso
per l’argentato umore;
anzi l’umore istesso
solo al vostro splendore
che fa l’aure piú fosche anco serene,
se d’argento giá fu, d’oro diviene.