Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/223

Da Wikisource.

— 217 —

Sull’uscio della casetta s’imbattè in lui e nella moglie, che si bisticciavano, circondati dai figliuoli; ma la fanciulla non v’era, perchè la signora l’avea scampata a fatica dalle furie della madre, e se l’era tirata in casa per tenervela quella notte. Don Marco si fermò un tratto da Rocco per consigliare a lui e alla moglie pazienza e pace; poi fece quei pochi passi che correvano di là alla casa dalla padrona. Marta lo aspettava nell’atrio, struggendosi dalla voglia di parlargli: e appena lo vide gli si piantò in faccia, e gli disse:

«Mi perdoni; ci ha capito nulla lei nel fattaccio di questa sera? No? Ebbene, io invece ci ho capito che la ragazzona è innamorata del signorino! Già me ne era accorta quest’oggi, mentre ella parlava colla padrona, e quando il signor pievano venne a dare quelle brutte nuove; Tecla pareva sul fuoco, e piangeva. Ora questa scappata.... quel fagotto.... vorrei parlarne alla signora....

«Date retta, Marta, la signora lasciatela in pace.

«Ma se venisse il signorino a casa...? Questa ragazza....

«Lasciamo questi discorsi, Marta, e domani sarete più contenta d’avere parlato poco.»

La fantesca tacque, gli aperse l’uscio, ed entrò dietro di lui. La signora Maddalena scendeva da una camera, vicina alla sua, dove aveva posta Tecla a dormire; e fattosi incontro al prete gli chiese:

«Ebbene, che diceva il pievano?

«Il pievano? Parlò di malìe, di malefici, di diavoli...; voleva che Tecla gli fosse menata domattina per esorcizzarla....

«Oh! allora dovranno venirla a togliere di qui a forza! sclamò la signora, lieta di potersi porre a qualche sbarraglio, ora che suo figlio pericolava a Torino: — di qui Tecla non uscirà più; alla fine delle fini, baciar la polvere ogni volta che il signor pievano lo vuole, non è manco da cristiani!

«Ma egli ha smessa l’idea; — aggiunse don Marco — ed anche mi ha promesso di scrivere a Torino lodando Giuliano.»