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202 iii - de l’origine d’amore


Filone. Non ho paura di dir la veritá, ma del danno che di dirla mi potrebbe intervenire.

Sofia. Essendo tu cosí saettato da l’amore come dici, che paura hai piú di lui? che mal ti può far, che giá non t’abbi fatto? e in che ti può offendere, che giá non t’abbi offeso?

Filone. Nuova punizione temo.

Sofia. Che temi, che ti possa esser nuovo?

Filone. Temo che non m’intervenga quel che giá intervenne a Omero, il quale per cantare in disfavore de l’amore perse la vista.

Sofia. Oramai non bisogna che tu temi di perderla, che giá l’amor (senza aver tu detto mal di lui) te l’ha levata: che poco innanzi passasti di qui con gli occhi aperti e non mi vedesti.

Filone. Se solamente per condolermi con me stesso del torto che mi fa l’amore e del tormento che mi dá, mi minaccia (come tu vedi) di levarmi la vista, che fará se pubblicamente il biasmerò e sue opere vitupererò?

Sofia. Omero con ragion fu punito, però che lui diceva male iniustamente di chi non gli aveva fatto alcun male: ma se tu dirai male de l’amore, il dirai con iustizia, però che ti tratta peggio che può.

Filone. I possenti che non son benigni, piú con furia che con ragione dánno le pene; e di me giustamente piglieria maggior vendetta che d’Omero, però che io son de’ suoi sudditi e Omero non era, e se puní lui solamente per avere usato discortesia, molto piú gravemente punirebbe me e per discortesia e per inobedienzia.

Sofia. Di’ pur, e se vedrai che si sdegni contra di te, disdirai ciò che hai detto e gli domandarai perdono.

Filone. Tu vorresti ch’io facessi esperienzia de la sanitá, come fece Stesicoro.

Sofia. Che fece Stesicoro?

Filone. Cantò contro l’amore d’Elena e Paris vituperandolo, e avuta la medesima pena d’Omero, che perse la vista, ma lui conoscendo la cagione di sua cecitá (qual non conobbe