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dottrina platonica della materia 241

materia, o ver caos eternalmente prodotto da Dio? e che guadagna in porre il caos eterno, se mette che ’l mondo sia fatto di nuovo?

Filone. A l’ultimo ti risponderò prima: guadagna non contradir quel detto degli antichi longamente affermato, che di niente nissuna cosa si può fare; e se bene lui pone il mondo essere fatto di nuovo, noi pone essere fatto di niente, ma de l’antico ed eterno caos, materia e madre di tutte le cose fatte e formate: e tu sai che li primi, che degli dèi fabulosamente teologhizorono, pongono che innanzi al mondo fusse solamente il gran dio Demogorgone col caos e l’eternitá, quali gli erano compagni.

Sofia. Ha questo detto antico, che di niente nulla si fa, altra forza di ragione ch’essere approvato e concesso dagli antichi?

Filone. Se altra forza di ragion non avesse, non sarebbe cosí concesso e approvato da tanti eccellenti antichi.

Sofia. Di’ quella, e lassiamo l’autoritá de’ vecchi.

Filone. Io tel dirò, e ti servirá non solamente per risposta del secondo membro di tua dimanda, ma al primo ancor insieme con il secondo; e vedrai una ragione, qual costrinse Platone a porre non solamente il mondo di nuovo fatto, ma ancora il caos, e materia del mondo, ab eterno prodotto dal sommo creatore.

Sofia. Fammela intendere, ch’io il desidero.

Filone. Vedendo Platone il mondo essere una comune sustanzia formata, e ciascuna de le parti sue cosí essere parte di quella comune sustanzia formata di propria forma, cognobbe rettamente che tanto il tutto come ciascuna de le parti era composto di una cosa o sustanzia informe, e a tutti comune, e d’una propria forma che l’informa.

Sofia. Ragione hai; di’ piú oltra.

Filone. Giudicò che questa formazione de le cose, cosí del tutto come d’ognuna de le parti, fusse nuova di necessitá, e non ab eterno.

Sofia. Perché?

Leone Ebreo, Dialoghi d’amore. 16