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ritorno dell’amore a dio 385

vedere la luce e corpo del sole, nel quale ci dilettiamo: niente di manco, se gli occhi nostri non fussero prima illuminati da esso sole e da la luce, noi non potremmo mai arrivare a vederlo, però che senza il sole impossibile è che il sole si veda, perché col sole il sol si vede. Cosí, se bene l’amore nostro e de l’universo a la somma bellezza divina è quello che ne conduce a unirsi con quella con felice dilettazione, niente di manco né noi né l’universo, né l’amor nostro né suo sarieno mai capaci di simile unione, né sufficienti di tanto alto grado di dilettevole perfezione, se non fusse la nostra parte intellettuale aiutata e illuminata da la somma bellezza divina e de l’amore che esso ha a l’universo; il quale avviva e solleva l’amore de l’universo illuminando la parte sua intellettiva, acciò che ’l possa condurre a la felicitá unitiva de la sua somma bellezza. E pur questo dice David: «Con la luce tua vediamo la luce»; e dice il profeta: «Ritornane, Dio, in te, e tornaremo»; e dice un’altro: «Ritorname, e tornarò; ché tu sei il Signor mio Dio»: però che, senza l’aiutorio suo a ritornare in lui, saria impossibile noi soli retirarsi. E piú precisamente l’esprime Salamone ne la sua Cantica, in nome de l’anima intellettiva innamorata de la divina bellezza, dicendo: «Ritirame, e dietro a te corriremo; se ’l re mi traesse ne le sue camere, ci dilettaremo e allegraremo in te, ricordaremo l’amori tuoi piú che vino: le rettitudini t’amano». Mira come prima prega l’anima intellettuale che sia ritirata da l’amore de la divinitá, e che allora ella col suo ardentissimo corrirá dietro a quella; e dice che essendo messa per mano del re ne le camere sue, cioè essendo unita per grazia divina ne l’intimo de la divina bellezza regale, conseguirá la somma dilettazione in quella, quale è fine de l’amore suo in Dio; e dice che ricordaria gli amori suoi piú che vino, cioè che l’amore divino gli saria altrimenti sempre presente, ricordato ne la mente, che l’amore de le cose mondane, che sono de la qualitá de l’amore del vino, che imbriaca l’uomo e levalo da la rettitudine de la mente; e perciò finisce: «le rettitudini t’amano»: vuol dire: «Tu non sei amato per irrettitudine d’animo, come sono gli amori carnali, ma la propria drittezza de l’anima è quella t’ama». Mira come principia a parlare

Leone Ebreo, Dialoghi d'amore. 25