Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/67

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conciossiachè tu prenda mucchio senza l’uno. Necessariamente. Onde ciascuno di cotai mucchi, a chi il guardi da discosto e grossamente, è necessario che paja uno; a chi, per contrario, il rimiri sottilmente e dappresso, è necessario che paja di moltitudine interminata, stante ch’è privato dell’tate, perciocché egli non è. È necessario d’assai. E cosi le altre cose ciascuna bisogna che sembrino interminate e terminate, e uno e molti, se l’uno non sono, ma si cose altre dall’uno. Bisogna. E non anche pajono essere simili e dissimili? In qual forma? Come figure adombrate, a chi è da lungi, rappresentandosi tutte una cosa pajono medesime in qualche modo, e simili. Davvero. Ma a chi si fa dappresso pajono molte e diverse; e, per il fantasma della diversità, eziandio diverse e dissimili di sé medesime. Cosi. E non altrimente cotesti mllcchi sembrano essere simili e dissimili e verso di sé medesimi, e infra loro. Per certo. Adunque eziandio è di bisogno che pajano diversi e medesimi infra loro, e accostati e discosti, e moventisi per tutti modi e stare dappertutto, e diventare e perire, e nè l’uno nè l’altre; e tutte cotali cose le quali saria facile sporre, posto che essi, per il defetto dell’uno, sono molti. Verissimo. Ricominciando anco una fiata, diciamo se l’uno non è, che è di bisogno siano le cose altre dall’uno. Via diciamo. Dunque le altre cose non sono certo uno. E come? Nè son molti, poiché entro a quello ch’è molti, è l’uno; conciossiachè se nissuno di esso fusse uno, il tutto sarebbe nulla, e non saria più molti. Vero. Dunque non essendo l’uno nell’altre