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Il chiodo 109


Il filosofo pigliò su, risolutamente, il chiodo ancor caldo; lo mise in tasca ed entrò nella fucina di Dondola.

— Celso — disse con l’usata dolcezza — , mi daresti un po’ d’acqua?

Subito, di dietro all’incudine dove se la godeva ridendo piano piano e solo, il ragazzo balzò a prender la secchia, la portò, la depose ai piedi del signore. Il quale v’immerse la destra e sogguardò mentre, refrigerato, seguitava tra sè:

— Ha dell’ingegno; molto ingegno! Si vede dagli occhi; si capisce dalla prontezza degli atti. Dunque non è contento del suo stato. — E disse:

— A te non ti piace di fare il fabbro.

Il monello, che si aspettava tutt’altro discorso e tutt’altro tono, sorrise e rispose franco:

— Nossignore.

— Bene. Cosa ti piacerebbe di fare?

Sempre più inanimito da quel “bene„ rispose:

— Il signore.

— Ho capito — disse il filosofo. — Vorresti diventare ingegnere o avvocato o medico, o che cosa?

Ma ora Celso rimase perplesso. Non erano dimande inopportune? “Fare il signore„ non significava “far niente„?