Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/101

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libro secondo 95

chi olimpici eran vittori, l’altro che Parmenione suo duca in arme avea superato e’ Dardani inimici, el terzo che Olimpia sua donna avea partorito erede un figliuolo maschio, levò le mani al cielo e pregò Dio gli rendesse mediocre calamità a tante letizie. Scrive Livio istorico che Lucio Paulo, quale vinse el re Perses, perduto infra dì otto due suo modestissimi figliuoli, ebbe al populo simile orazione: «Io temea, o cittadini miei, in tanta felicità e successo della fortuna, quale sua natura e costume suole non patire in persona alcuna ferma prosperità, a noi nel nostro trionfo e amplificazione del nostro imperio conseguisse qualche male. Per questo io pregai Dio ottimo e massimo padre de’ mortali, se cosa alcuna avversa fusse apparecchiata alla nostra republica, immettesse a me e alla mia famiglia. E siate adunque, o cittadini miei, di migliore animo. Le cose succederanno bene. Dio immortale quattro dì inanzi al mio trionfo me in parte essaudì togliendomi uno carissimo de’ miei figliuoli, e infra altri quattro dì doppo a tanta nostra gloria ancora mostrò piacerli le mie preghiere quando mi tolse l’altro amantissimo figliuolo. Ora orbato de’ miei eredi rendo a lui grazia, poiché voi arete da condolervi del nostro privato caso più tosto che io a piangere con voi insieme alcuna publica calamità». Simile adunque a questi lodatissimi nulla ci fideremo della fortuna, quale sa e suole sempre usare perfidia, quale una falacissima mostra pacificarsi per avere induzie a maggior guerra e occasione a gravissime insidie; e aparecchiarènci con animo forte e pronto a sostenerla, non come dicea [Demifo] presso a Terenzio, pensando sempre a qualche futuro incommodo, acciò che poi ciò che meno aviene sia in guadagno, qual cosa mal si può premeditare senza qualche perturbazione, e assai basterà, venuto l’incommodo, sopportarlo; ma più tosto apparecchiati contro la fortuna coll’animo staremo iudicando che né essa con sua perfidia, né insieme e’ pessimi uomini con sue ingiurie e malignità potranno a noi in parte alcuna mai molto essere dannosi. Ché se come disputava Genipatro le cose della fortuna non più in sé vagliono se non quanto le riputiamo, ella può nulla essere a noi molesta se non ritollendo el suo. Ma poco a te serà molestia renderli quello che tu poco stimasti. E per tuo offizio debbi nulla stimare le cose caduche per sé e fragili