Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/12

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6 i libri della famiglia

nostra industria ottenuto, con nostre armi latine amplificato, dirass’egli ci fusse largito dalla fortuna? Quel che a noi vendicò la nostra virtú, confesseremo noi esserne alla fortuna obligati? La prudenza e moderanza di Fabio, quello uno uomo, el quale indugiando e supersedendo restituí la quasi caduta latina libertà, la giustizia di Torquato qual per osservare la militare disciplina non perdonò al suo figliuolo, la continenza di quello, el quale contento nella agricultura, piú stimò la onestà che ogni copia d’auro, la severità di Fabrizio, la parsimonia di Catone, la fermezza di Orazio Cocles, la sofferenza di Muzio, la fede e religione di Regolo, la affezione inverso la patria di Curzio, e l’altre essimie, prestantissime e incredibili virtú, le quali tutte furono celebratissime e illustrissime apo gli antichi, e colle quali virtú non meno che col ferro e colla forza delle battaglie, e’ nostri ottimi passati Itali debellorono e sottoaverono tutte le genti in qualunque regione barbare, superbe, contumace e nimiche alla libertà, fama e nome latino, quelle tutte divine virtú ascriverelle noi alla fortuna? La giudicaremo noi tutrice de’ costumi, moderatrice delle osservanze e santissime patrie nostre consuetudini? Statuiremo noi in la temerità della fortuna l’imperio, quale e’ maggiori nostri piú con virtú che con ventura edificorono? Stimeremo noi suggetto alla volubilità e alla volontà della fortuna quel che gli uomini con maturissimo consiglio, con fortissime e strenuissime opere a sé prescrivono? E come diremo noi la fortuna con sue ambiguità e inconstanze potere disperdere e dissipare quel che noi vorremo sia piú sotto nostra cura e ragione che sotto altrui temerità? Come confesseremo noi non essere piú nostro che della fortuna quel che noi con sollicitudine e diligenza delibereremo mantenere e conservare? Non è potere della fortuna, non è, come alcuni sciocchi credono, cosí facile vincere chi non voglia essere vinto. Tiene gioco la fortuna solo a chi se gli sottomette.

E in quanti modi si vide con ogni sua possa e malizia a Canne, a Trebia, a Trasimene, fra le Gallie, nelle Ispanie e in altri luoghi, non con minor odio e ira ch’e’ crudelissimi e imma-