Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/271

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libro quarto 265

gesti accommodatissimi Buto avea dolce recitati, furono grati. — Né mi par questo, — disse Lionardo, — dissimile da quelli conviti filosofici, quali Platone, Senofonte, Plutarco descrissero, pieni di giuoco e riso, e non vacui di prudenza e sapienza, con molta grazia e dignità.

— Quanto, — allora disse Piero Alberti, — io lodo l’ingegno di Buto! E confermo il detto suo essere verissimo, quanto provai, che ad acquistare amicizia con molte iniurie vi si oppone la povertà e interrompe ogni nostro instituto e impresa. Come sapete, ogni mio sussidio e fortuna familiare era, quando sedavamo in la patria nostra, quasi tutta in possessioni e ville. In questo poi nostro grave essilio, a difendermi dagli odii e nimicizia quali noi spogliorono de’ publici ornamenti e troppo ci persequitavano, a me parse utile agiugnermi a qualche principe, apresso di chi io vivessi con più autorità che escluso, e con men sospetto che nudo, e con più riguardo della salute mia. Così feci adunque; con molta industria e sollecitudine a me acquistai la grazia di tre, come sapesti, in Italia ottimi, e in tutte le genti famosissimi principi. Questi furono Gian Galeazzo duca di Melano, Ladislao re di Napoli, e Giovanni summo pontefice, a quale ciascuna impresa provai quanto il non essere più ch’io mi fussi ricco a me noceva e disturbava.

Qui disse Lionardo: — Credo, Piero, le ricchezze assai giovino a più facile farsi grato, come agli altri, così massime a’ principi, quali quasi, non so se natura sua o consuetudine, tutti solo pregiano chi a sue voglie e bisogni loro in tempo essere possa accomodato. E in principe (perché sono i principi quanto vogliono d’ogni onesto essercizio vacui, oziosi, e in tempo non poco dati alle voluttà, e acerchiati non da amici ma da simulatori e assentatori) raro nascon voglie se non lascive e brutte, e spesso loro bisogna adoperare le ricchezze de’ suoi cittadini e di ciascuno a lui amico pecunioso e ricco. E perché prima certi segni delle ricchezze più si veggono palese che della virtù, però apresso de’ principi, dove per poca qual di sé fanno copia meno possono conoscere le virtù