Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/311

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libro quarto 305

dere tutto il dì, molti ci salutano, proferiscono, non rari ci sono in aiuto, alcuni ancora donano e usano officii di amicizia, pur conosciamo in loro meno essere benivolenza che non fingono. Adunque non la benivolenza per sé, né per sé stesso ancora l’uso familiare constituisce la intera amicizia, ma inseminasi l’amicizia da benivolenza. E come el pavoncino per essere covato esce in vita fuori donde era nell’uovo inchiuso, così l’amore già nell’animo conceputo piglia spirito ed esce in luce e comune notizia fra chi ama, quando per uso e domestichezza sie bene osservato; e dove la assiduità mancasse, li segue che quello già forse impreso caldo e fervore vitale perisce o esce abortivo, così in amicizia la benivolenza non con assiduo officio servata perisce. E se alla loro conversazione e insieme in amicizia fedele comunicazione manca l’ardore della benivolenza, come se covasse corrotte uova o vacue, così qui ogni opera e studio sarà non utile consumato.

Che diremo? Adunque così? — che la benivolenza adiunta alla familiarità constituisce vera e perfetta amicizia? Diremo no. Perché? O non sai tu che non ogni uso domestico, né ogni così accesa affezion d’animo però dona perfetto essere alla amicizia? Aspetto più aperto intendere qual sia questa perfetta amicizia, e qual uso e qual benivolenza la produca. Ponete qui animo, Battista e tu Carlo: a voi, non a Lionardo, uomo dottissimo, repeto questi principii di mezzo le fonti de’ filosofi. Dico che degli uomini quali vediamo a noi monstrano benivolenza e prestano fedele e pronta opera, alcuni così fanno perché forse iudicano in noi essere virtù, prudenza e sapienza, tale che sia merito a noi, e a loro dovuto renderci reverenza e desiderarci seconda fortuna e intera prosperità. Alcuni a noi così sé danno, perché ricevono, aspettano e sperano per nostra benignità e grazia a’ suoi casi e bisogni sussidio, aìto e favore. Alcuni così in noi sono affezionati, perché non poco gli muove per nostra presenza, facundia e festività molto poter escludere dell’animo ogni tristezza, e sedare le gravi cure e i duri pensieri con dolce facezie e iocunde cose nostre e ridiculi detti. Né truovasi vinculi, credo, quali