Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/313

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libro quarto 307

alle radici profondo e fresco letto all’uliveto, e con diligenza alle viti giugne suo marito l’olmo, non costui cura essere amato, ma procura di sue opere e spese trarre utile quanto possa maggiore, così in uso e vita de’ mortali, colpa de’ costumi corrotti e viziati, questa arte divulgatissima quanto sé essercita, che con parole, fronte e opera dotti fingere benivolenza, seguiamo commutando insieme officio, utile, diletto, quasi come premio a opera e servigio a doni! E raro che mensa lauta e bene apparecchiata stia vacua di questi, non amici, ma fitti e simulati domestichi e familiari assentatori, quali vi consiglio da voi gli vogliate quanto in voi sia molto essere lungi. E quelli quali vedrete, a quanto la virtù e costumi vostri gli alletti, rispondano più con benivolenza che con parole, e più con aumentarvi onore, virtù e lodo che con porgervi riso e giuoco, questi accetterete, questi darete opera continuo sieno con voi molto assidui familiari e sempre domestichi. E non dubitate che la virtù, cosa divina e santissima quale perpetuo sta illustre con molto lume e splendore di lode e fama in chi la sia, certo adornerà quella ottima vostra amicizia, qual per sé nata e con constanza affermata, tra voi sarà poi eterna e molto iocundissima. Direte voi: questi veri virtuosi, ai quali la nostra virtù diletti, sono rari; e a chi non sia virtuoso la virtù non molto gusta. Vero. Pertanto così a voi resti persuaso che certo e non molto numero d’amici sono quelli, a’ quali noi dobbiamo adirizzare ogni nostro animo, consiglio e industria, ed esporre ogni nostra opera, studio e diligenza, per molto averli a noi benivoli; poiché non se non pochi quali sieno virtuosi, a noi ben possono veri essere e perpetui durare amici.

Dicemmo adunque quali sieno attissimi ad amarli, e qual sia numero ad amicizia condegno. Resta adunque quanto proponemmo esplicare, in che modo fra questi scelti e noi molto cresca amicizia. Ma non qui vorre’ io, Lionardo, più essere stato che tu me aspettassi prolisso quanto alla materia s’apartenea. Parsemi da esplicare quel luogo a questi non come tu dottissimi. Sarò pertanto di qui oltre breve. Ma che qui