Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/145

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116 della statua

e similmente ancor quelli delle altre attitudini. Delle quali cose è nostra intenzione di trattare, cioè in che modo, con qual regola ferma, certa, e vera, si possino imitare e ritrarre dette attitudini. Le quali regole, come io dissi, son due, la misura cioè, ed il porre de’ termini. Tratteremo adunque primieramente della misura, la quale certamente non è altro che uno stabile e fermo e certo avvertimento e notamento, per il quale si conosce e mette in numeri e misure, l’abitudine, proporzione e corrispondenza, che hanno infra di loro tutte le parti del corpo l’una con l’altra, così per altezza come per grossezza, e quella che esse hanno ancora con tutta la lunghezza di esso corpo. E questo avvertimento o conoscimento si fa mediante due cose, cioè con uno regolo grande, e con due squadre mobili: con il detto regolo misuriamo noi, e pigliamo le lunghezze delle membra, e con le squadre tutti gli altri diametri delle dette membra. Per lo lungo di questo regolo si tira una linea diritta, lunga quanto sarà la lunghezza del corpo che noi vorremo misurare, cioè dalla sommità del capo sino alla pianta del piede. Laonde bisogna avvertire, che per misurare un uomo di piccola statura si debbe pigliare un regolo minore, e per un uomo di grande statura se ne debbe pigliare uno maggiore, cioè più lungo. Ma sia nondimeno qualsivoglia la lunghezza di tal