Pagina:Alberti - Della pittura e della statua, Milano, 1804.djvu/49

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che ei cerchino che riesca loro nel tignere quella superficie, posson risponder molto meglio ad ogni altra cosa, che saper dir la ragione di quel che ei si affatichino di fare. Pei il che io prego che gli studiosi Pittori mi stieno ad udire. Imperocchè lo imparare quelle cose che giovano, non fu mai male, da qualunque si voglia maestro. Ed imparino veramente mentre che ei circonscrivono con le linee una superficie, e mentre che ei cuoprono di colori i disegnati e terminati luoghi, che nessuna cosa si cerca più quanto è che in questa una sola superficie ci si rappresentino più forme di superficie. Non altrimenti che se questa superficie che ei cuoprono di colori, fosse quasi che di vetro o di altra cosa simile trasparente, tal che per essa passasse tutta la piramide visiva a vedere i veri corpi, con intervallo determinato e fermo, e con ferma positura del raggio centrico, e de’ lumi posti in aria lontani a lor luoghi, e che questo sia così, lo dimostrano i Pittori, quando ei si ritirano in dietro dalla cosa che ei dipingono a considerarla da lontano, che guidati dalla natura vanno cercando in questo modo della punta di essa stessa piramide. Laonde si accorgono, che da quel luogo considerano e giudicano meglio tutte le cose. Ma essendo questa una sola superficie o di tavola, o di muro, nella quale il Pittore si affatica voler dipignere più e diverse superficie e pira-