Pagina:Albini - Voci di campanili.djvu/22

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san marco 19


Ai ricchi mercanti sfarzosi il gloriarsi del Duomo col suo lusso appariscente di marmi e la novità di pinnacoli superbi: ai patrizi la dignitosa e, in apparenza, umile chiesa, dove, lasciando l’antica forma basilicale, la nuova arte sapeva elevarsi svelta e fiorita nella sua austerità, pur adoperando il rozzo mattone e mantenendo un carattere prettamente lombardo.

Forse, invece del tradizionale gallo dorato, sventolava sull’alto del campanile un leone alato, a ricordo e gratitudine verso quella Repubblica Veneta che aiutò a riparare ai guasti fatti alla città alleata da Federico II; ed esso deve aver ruggito d’allegrezza quando Francesco Sforza invase il camposanto, e obbligando le sparse ossa a rifugiarsi in chiesa, volle scavarvi davanti un canale. Il leone della laguna, nella sua nostalgia, avea inspirato lo Sforza, e giù per quell’acqua mandò certo il suo saluto al Leone della Piazzetta.

Ancora nel 1500 l’elegante campanile si rizzava sopra i grandi alberi degli orti intorno, poi, come il campanile di Sant’Ambrogio, come quello di San Simpliciano, ebbe il capo mozzato da quel governatore che nella sua superbia spagnuola, non si sentiva però abbastanza sicuro di quelle torri di monasteri che dominavano il Castello.