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il volta alpinista 11

Alla distanza di poco più d’un mezzo miglio al disotto del villaggio, sul pendio del monte, evvi un terreno, come un picciol campo, il quale mirato anche da lungi vedesi coperto da fiamme, che sorgono all’altezza di alcuni piedi, fiamme leggiere, ondeggianti, e di color ceruleo la notte, come s’accordano tutti a riferire gli abitanti di quelle vicinanze: in tempo di chiaro giorno queste fiamme non si scorgono che assai dappresso, e appaiono assai tenui e rossigne. Nel che può ravvisarsi di già una perfetta somiglianza colla fiamma della mia aria infiammabile nativa delle paludi. Quando io mi trasferii sul luogo, il giorno era così chiaro e il terreno illuminato dal sole, che punto quasi non si vedeano le fiamme: il calore quello era piuttosto che ne avvertiva all’accostarvisi che un faceva. Io mi trovava insieme a due miei compagni di viaggio1 e un paesano per guida, il quale rimarcar ci faceva ognuna di tali vampe, mediante il gettare qua e là nei luoghi particolarmente infiammati, che sono come altrettanti focolari distinti un dall’altro, dei fascetti di paglia che vi prèndono fuoco all’istante. Del rimanente, essendo noi molto curiosi, e non lasciando di tentare, e frugare per ogni dove, non andò guari che tutti avevamo fissati questi falò, o getti di fiamme distinti, quali più e quali men grandi, che non erano poi assolutamente invisibili; perocché, se in qualche sito ci avvenne di abbruciar prima un poco le scarpe, che ci accorgessimo della fiamma ivi esistente, questa in appresso, ponendovi occhio più attento, non ci sfuggiva... Io mi trattenni lungo tempo a ripetere e variare tali prove, ecc.. ecc.»

Per completare poi le sue ricerche sopra questo genere di fenomeni, Alessandro Volta compiè nel maggio dell’anno susseguente un altro viaggetto, portandosi sulle colline di Piacenza ad esaminare i fuochi ardenti di Velleja. E di questi fuochi, e delle esperienze fatte sopra luogo, diede ragguaglio in altra memorietta, messa in appendice alla precedente, e che parimenti può leggersi nel tomo V delle Opere2. Ma quivi non dà i particolari del viaggio, che peraltro doveva presentarsi come una

  1. Il marchese Torelli, patrizio pavese, e l’abate Giuseppe Re, assistente al Gabinetto di Fisica dell’Università di Pavia. Di questo viaggio in Toscana il Volta scrisse al Firmian in due lettere, che si conservano presso l’Archivio di Stato in Milano e furono pubblicate dal Cantù nel tomo XVIII dell’Archivio Storico di Firenze.
  2. Un altro Volta studiò i fuochi di Velleja, e questi fu Serafino Volta, che pubblicò nel 1785 la Relazione di un viaggio da Firenzuola a Velleja (Opuscoli interessanti vol. VIII). A lui aveva scritto Alessandro una lettera, in data di Pavia 20 marzo 1781, intorno ai fuochi di Pietramala: trovasi nell’epistolario pubblicato da Giuseppe Ignazio Montanari sotto il titolo di Lettere inedite di A. Volta, coll’elogio del medesimo scritto dal prof. Pietro Configliacchi (Pesaro 1834; sulla copertina 1835)