Pagina:Alexander Pope - Lettera di Eloisa ad Abelardo.djvu/10

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E in soavi condilo e nove tempre,
Da’ tuoi labbri scendea l’eterno Vero.
Qual potea gentil core udir tue voci,
E schivarne il trionfo? Oimè! ben presto
95Imparai, che l’amar colpa non era.
De' sensi in ver la traccia il passo tòrsi:
Nè più in colui, che qual mortai mi piacque,
Un angiolo bramai. Remote, oscure,
Le dilettanze mi parean de’ Divi:
100Nè più lor seppi le beate sedi
Invidïar, che per te sol perdea.
     Oh quante volte, all’imeneo sospinta,
Maladette, esclamai, le leggi tutte,
Da quelle in fuor, di che maestro è Amore!
105Libero al par dell’aer, solo alla vista
Delle umane catene ei le lucenti
Ale dispiega, e qual balen s’invola.
D’illustre sposa agi ed onor’seguaci
Sien pur, sublimi l'opre e sacro il nome:
110Agi, nome ed onor’, tutto, di un vero
E dolce affetto al paragon, vien manco.
Vindice il Dio di profanata fiamma,
Affannosi tumulti in sen risveglia,
Ed i sospir’de’ malaccorti inganna,
115Che cercano in amor altro che amore.