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libro iii - capitolo v
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in note di fiamma e di sangue lasciassero essi scolpita la memoria del loro sublime imperturbabile animo, e l’ardentissimo desiderio d’imitare la loro virtú, come Lorenzo, Stefano, Bartolommeo e tante altre centinaia di martiri; costoro tutti, avendo avuto al loro operare lo stessissimo sovrano irresistibile impulso che debbono avere i veri letterati, alle stesse vicende di essi, per vie e cagioni diverse, soggiacquero. E mi spiego. Costoro, finché furono lasciati fare da sé, puri, incalzanti e severi mostraronsi; perseguitati, divennero piú luminosi, piú forti e maggiori direi di se stessi; protetti finalmente, accolti, vezzeggiati, arricchiti e saliti in potere, si intiepidirono nel ben fare, divennero meno amatori del vero, e peranche sotto il sacrosanto velo di una religione omai da essi scambiata e tradita, asseritori vili si fecero di politiche e morali falsitá.

Una moderna noncuranza di ogni qualunque religione, frutto anch’essa (come ogni altra rea cosa) del principato, fa sí che i nostri santi non vengano considerati e venerati da noi come uomini sommi e sublimi, mentre pure eran tali. Ciò nasce, per quanto a me pare, da una certa semi-filosofia universalmente seminata in questo secolo da alcuni scrittori leggiadri, o anche eccellenti quanto allo stile, ma superficiali, o non veri, quanto alle cose. I libri di costoro, andando per le mani di tutti, stante la loro seducente facilitá, imprestano una certa forza d’ingegno a chi non ne avea per se stesso nessuna; a chi poco ne avea un’altra poca ne accrescono; ma a chi moltissima ne avea da natura, se altri libri non avesse letti che quelli, riuscirebbero forse a deviargliela affatto dalla vera strada. Da questa semi-filosofia proviene che non si sfondano le cose, e non si studia, né si conosce appieno mai l’uomo. Da essa proviene quella corta veduta per cui non si ravvisa nei santi il grand’uomo, e nei grandi uomini il santo. Per essa non si scorgono manifestamente negli Scevoli e nei Regoli i martiri della gloria e della libertá; come nei bollenti e sublimi Franceschi, Stefani, Ignazi e simili, non si ravvisano le anime stesse di quei Fabrizi, Scevoli, e Regoli, modificate soltanto dai tempi diversi. E tutto ciò, perché si rimirano i nostri con occhi offuscati da un