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di plinio a traiano
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VI

Ma i lusinghieri beni, e tanti e sí grandi che dalla soppression degli eserciti ne debbono a te ridondare ed a noi, annoverar non degg’io, prima di avere circa alla possibilitá di ciò fare dissipato ogni dubbio. Che alcuni ancora, e non pochi, io qui dintorno rimiro, col loro tacito dubitare inquieti e tremanti per la sicurezza dell’imperio, ogniqualvolta distrutti saranno i soldati; e dalla novitá delle cose che tutte si debbono sconvolgere a tal mutazione, e dagli ostacoli, che solo vedono e assai maggiori del vero ritraggono costoro infinito timore e perplessitá. Pensate, o romani, e pesate qual fine vi si propone da questi sconvolgimenti: la libertá; qual fine dall’addormentarci nel seno di passeggera fallace calma: la total distruzione. E sia vero (che non è) che dispersi appena i soldati, da ogni parte i nemici di Roma ne invadano l’impero; e poniamo puranco che, senza difesa trovandolo, fino alle mura di Roma pervengano, vi nuoceranno quelli maggiormente o quanto vi nocquero i feroci eserciti vostri da Cesare, da Galba, da Ottone, da Vitellio contra voi stessi condotti? vi nuoceranno mai codesti nemici quanto vi nocquero, senza neppure il velo di guerra, sotto Tiberio, Caio, Claudio, Nerone e Domiziano, in Roma stessa le pretoriane loro insolenti coorti? Dai Galli assediatori del Campidoglio si riscattava Roma coll’oro; ma libera rimaneva; e vincitrice indi a non molto tornava. Da questi crudeli imperatori di romani eserciti, da questi vili pacifici signori di satelliti e schiavi, Roma saccheggiata, arsa, profanata, avvilita e distrutta, neppure col sangue si riscattava; ed oppressa e vinta e doma ed annichilata rimaneasi. Contro ai veri estremi nemici, nella libertá, nella virtú che n’è figlia, nella disperazione stessa e nella necessitá si ritrovano armi e coraggio; ma contro agli oppressori domestici che, prima di opprimerci, corrotti necessariamente ed avviliti ci hanno, niun’arme si trova da opporre se non lagrime, pazienza e viltá. E se Roma finir pur dovesse, qual fine sarebbe il piú degno di lei? Coll’armi in mano,