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atto primo 175
io giá, quant’egli: ma, vederti in Tebe

mai non volea; né il vo’... Mille funesti
perigli (ah! trema) hai quí dintorno.
Argia   Estinto
cadde il mio Polinice, e vuoi ch’io tremi?
Che perder piú, che desiar mi resta?
abbracciarti, e morire.
Antig.   Aver puoi morte
quí non degna di te.
Argia   Fia degna sempre,
dov’io pur l’abbia in su l’amata tomba
del mio sposo.
Antig.   Che parli?... Oimè!... La tomba?...
Poca polve, che il copra, oggi si vieta
al tuo marito, al mio fratello, in Tebe,
nella sua reggia.
Argia   Oh ciel! Ma il corpo esangue...
Antig. Preda alle fiere in campo ei giace...
Argia   Al campo
io corro.
Antig.   Ah! ferma il piè. — Creonte iniquo,
tumido giá per l’usurpato trono,
leggi, natura, Dei, tutto in non cale
quell’empio tiene; e, non che il rogo ei nieghi
ai figli d’Argo, ei dá barbara morte
a chi dá lor la tomba.
Argia   In campo preda
alle fiere il mio sposo?... ed io nel campo
passai pur dianzi!... e tu vel lasci?... Il sesto
giorno giá volge, che trafitto ei cadde
per man del rio fratello; ed insepolto,
e nudo ei giace? e le morte ossa ancora
dalla reggia paterna escluse a forza
stanno? e il soffre una madre?...
Antig.   Argía diletta,
nostre intere sventure ancor non sai. —