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atto primo 233
pria d’esser tua: deh! almeno in guisa niuna

ei non m’abbia, che morta.
Icilio   Anzi ch’ei t’abbia,
prima che scorra il sangue tuo, di sangue
Roma inondar si vedrá tutta; il mio,
quel d’ogni prode, verserassi tutto.
Ch’altro è quest’Appio, a chi morir ben vuole,
che un sol, minor di tutti?
Numit.   Appio t’avanza
d’arte pur troppo.
Icilio   Ancor che iniquo e crudo,
di legge il vel serbò finor; presente
fia Roma intera al gran giudizio: ancora
da disperar non è. Quí senno e mano
vuolsi: ma troppo è necessario il padre.
Non lungi è il campo: il richiamarnel tosto
cura mi fia sollecita. Frattanto
andiam; vi sono ai vostri lari io scorta.
Sollievo a voi, tristo, ma il sol ch’io possa
darvi per or, sia la certezza, o donne,
ch’ove a giustizia non rimangan vie,
col brando aprirne una a vendetta io giuro.