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272 virginia
tal giudicio s’intese? E niun mi ascolta?

Virg.a Madre, tu vedi il genitor, com’egli
di scuri è cinto: oprar per me non puote;
parlar può appena, e invano. Il ferro dammi;
tu l’hai; tu il promettesti: a me lo sposo
è tolto già; l’onor vuoi ch’anco io perda?
Virg.o O gregge infame di malnati schiavi,
tanto il terror può in voi? l’onore, i figli,
tutto obblíate, per amor di vita?
Odo, ben odo un mormorar sommesso;
ma niun si muove. Oh doppiamente vili!
Sorte pari alla mia, deh! toccar possa
a ognun di voi; peggior, se v’ha: spogliati
d’aver, d’onor, di libertá, di figli,
di spose, d’armi, e d’intelletto, torvi
possa il tiranno un dí fra strazio lungo
la non ben vostra orrida vita infame,
ch’or voi serbate a cosí infame costo.
Appio Mormora, è ver, ma di te solo, Roma.
Tacciasi omai. — Littori, al signor suo
date or tosto la schiava; e non vi arresti
sedizíoso duol di finta madre:
la non sua figlia a lei dal sen si svelga.
Numit. Me svenerete prima.
Virg.a   Oh madre!
Popolo   Oh giorno!
Virg. ... Appio, sospendi un sol momento, e m’odi:
deh! sí, sospendi, e m’odi. — Io la donzella
come figlia educai: piú di me stesso
finor l’amai: se pur mentía la moglie,
son di tal fraude ignaro...
Numit.   Oimè! che ascolto?
tanto avvilir tu la consorte tua?...
Or quel di pria sei tu?
Virg.a   Padre, tu cangi
in questo punto? e non piú tua mi credi?
Misera me!