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364 oreste
a marmorea colonna il fervid’asse,

riverso Oreste cade...
Cliten.   Ah! non piú; taci:
una madre ti ascolta.
Pilade   È ver; perdona. Io
non dirò, come ei di sangue il piano
rigasse, orribilmente strascinato...
Pilade accorse;... invan;... fra le sue braccia
spirò l’amico.
Cliten.   Oh morte ria!...
Pilade   Ne pianse
in Creta ogni uom; tanta nel giovin era
beltade, grazia, ardire...
Cliten.   E chi nol piange,
fuorché solo quest’empio?... O figlio amato,
piú non degg’io, mai piú (lassa!) vederti?...
Ma, oimè! pur troppo ti veggo di Stige
l’onda varcar, del padre abbracciar l’ombra;
e torcer bieco a me lo sguardo entrambi,
e d’ira orribile ardere... Son io,
sí, son io, che vi uccisi... Oh madre infame!
oh rea consorte! — Or, sei tu pago, Egisto?
Egisto — Il tuo narrar, certo, ha di ver sembianza;
chiaro il vero fia in breve. Entro mia reggia
statevi intanto; e guiderdon qual dessi,
pria del partir v’avrete.
Pilade   A’ cenni tuoi
staremci. — Vieni.
Oreste   Andiamo, andiam; che omai
piú non poss’io tacermi.
Cliten.   O tu, che narri
senza esultar di gioja il fero caso,
deh! ferma il piede; e dimmi: alla infelice
madre, perché dentro brev’urna acchiuso
non rechi il cener del suo amato figlio?
Funesto, eppur gradito dono! ei spetta,