Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/48

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42 risposta dell’autore


bocca un verso di timore che altri non risapesse la iniquitá sua: ma incontanente dopo, egli minaccia di spargerne del nuovo; e quale? di Gomez; della sola persona, in chi mostrato abbia di confidare. Questa mi pare che debba essere l’ultima pennellata del Filippo; ma forse ch’io sbaglio.

Passo al Polinice: e rispondo, quanto alla condotta non ben chiara di Creonte, le stesse cose che ho dette circa a quella di Filippo. Ma le cagioni però d’un effetto stesso sono quí assai diverse. Creonte, nel primo abbozzo della mia tragedia, in un brevissimo soliloquio in fine dell’atto primo, si svelava. Ma che se ne traea? odio e nausea per lui, ogni qual volta egli veniva in palco dappoi; tutte le menzogne ch’egli dice all’un fratello dell’altro, forse giá poco soffribili adesso, divenivano al certo insopportabili allora, non potendosi piú dubitare delle sue mire infami, per averle svelate egli stesso. Questa specie di caratteri doppj secondarj, che io, se non costretto dalla necessitá del soggetto, non introduco mai nelle mie tragedie, ha questo pericolo in se, che un capello che s’oltrepassi, danno nello stomachevole, e rovinano la tragedia. Perciò mi parve, che se io dava dalla condotta di Creonte indizj certi delle sue mire, bastava per l’intelligenza dell’orditura; ma che se io ne dava prove colle sue proprie parole, non aggiungeva all’intelligenza niente, e molto toglieva alla perplessitá, grandissima molla del cuore umano, per cui si tollerano anche i malvagj, non sapendo dove anderanno a finire. Molte cose si sanno, non se ne può dubitare, ma il non vederle basta perché il ribrezzo non ecceda. Per questo non ho voluto che Creonte narrasse in teatro a Polinice che sarebbe stato avvelenato il nappo; né che questo nappo fosse chiarito tale nella scena del giuramento. Creonte ha ottenuto il suo intento, poiché col mescere il vero ed il falso ha impedito la pace; ed io credo avere ottenuto il mio, poiché senza convincere Eteocle d’avvelenatore, né Polinice d’impostore, gli ho ricondotti a guerra aperta, e piú giusta, e piú feroce per i sospetti reciproci, ed ho tenuti perplessi gli spettatori fino al fine del quarto.

Ella mi fa osservare che non ben si vede come Creonte sperasse con quei raggiri disfarsi dei due competitori, e poi soverchiare l’erede superstite. Ma pare a me che non si debba veder chiaro in una cosa, di cui neppure Creonte stesso potea fermare nessun punto. Il ribaldo ambizioso mette male, raggira, ardisce, spera, ma sempre dal caso aspetta e prende consiglio. L’importante per lui si era, giacché tutti due stavano nella reggia stessa,