Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/85

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atto secondo 79
e pietá trovi; ma di te: non tutti

degni ne son: dell’opre mie me solo
giudice lascia. — A favor tuo parlommi
or dianzi a lungo, e non parlommi indarno,
la regina: te degno ancor cred’ella
del mio non men, che del suo amore... A lei,
piú che a me, devi il mio perdono;... a lei.
Sperar frattanto d’oggi in poi mi giova,
che tu saprai meglio stimare, e meglio
meritar la mia grazia. — Or vedi, o donna,
che a te mi arrendo; e che da te ne imparo,
non che a scusare, a ben amar mio figlio.
Isab. ...Signor...
Filippo   Tel deggio, ed a te sola io ’l deggio.
Per te il mio sdegno oggi ho represso, e in suono
dolce di padre, ho il mio figliuol garrito.
Purch’io pentir mai non men debba! — O figlio,
a non tradir sua speme, a vie piú sempre
grato a lei farti, pensa. E tu, regina,
perché piú ognor di bene in meglio ei vada,
piú spesso il vedi,... e a lui favella,... e il guida. —
E tu, la udrai, senza sfuggirla. — Io ’l voglio.
Carlo Oh quanto il nome di perdon mi è duro!
Ma, se accettarlo pur dal padre or debbo,
e tu per me, donna, ottenerlo, ah! voglia
il mio destin (ch’è il sol mio fallo) a tale
vergogna piú non mi far scender mai.
Filippo Non di ottenerlo, abbi miglior vergogna
di mertar tu dal genitor perdono.
Ma basti omai: va; del mio dir fa senno. —
Riedi, o regina, alle tue stanze intanto;
me rivedrai colá fra breve: or deggio
dar pochi istanti ad altre cure gravi.