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88 filippo
Perez Liberi sensi a rio servaggio in seno

lieve il trovar non è: libero sempre
non è il pensier liberamente espresso,
e talor anco la viltá si veste
di finta audacia. — Odimi, o re; vedrai
qual sia il libero dir: m’odi, e ben altro
ardir vedrai. — Supposto è il foglio; e troppo
discordi son tra lor le accuse. O il prence
di propria mano al parricidio infame
si appresta; e allor co’ Batavi ribelli
a che l’inetto patteggiar? dei Franchi
a che i soccorsi? a che con lor diviso
il paterno retaggio? a che smembrato
il proprio regno? — Ma, se pur piú mite
far con questi empj mezzi a se il destino
ei spera, allora il parricidio orrendo
perché tentar? perché cosí tentarlo?
Imprender tanto, e rimanersi a mezzo;
vinto, da che? — S’ei lo tentò in tal guisa,
piú che colpevol, forsennato io ’l tengo.
Ei sapea, che in difesa dei re sempre
(anco odiandoli) a gara veglian quelli,
che da lor traggon lustro, oro, e possanza.
Tu il figlio hai visto, che fuggiasi? ah! forse
visto non l’hai, fuorché con gli occhi altrui.
Ei venga; ei s’oda; ei sue ragion ne adduca.
Ch’ei non t’insidia i giorni, io ’l giuro intanto.
Sovra il mio capo il giuro; ove non basti,
su l’onor mio; di cui né il re, né il cielo,
arbitri d’ogni cosa, arbitri sono. —
Or, che dirò della empietade, ond’osa
pietá mentita, in suon di santo sdegno,
incolparlo? Dirò... Che val ch’io dica,
che sotto un velo sagrosanto ognora,
religíon chiamato, havvi tal gente
che rei disegni ammanta; indi, con arte,