Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/125

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atto primo 119
Timof.   Madre, lo udremo.

Deh, non sia questo il dí, che a creder abbi
me sconoscente, o mal fratello lui!
Sai, che il poter ch’ei giá mi ottenne, or vuole
tormi ei stesso; e che il dice?
Demar.   Assai fia meglio,
ch’ei teco il parta: egual valore è in voi;
maggior, soffri ch’io ’l dica, è in lui prudenza:
che non farete, uniti? E qual mai tempra
di governo, eccellente esser può tanto?
E qual di me piú fortunata madre,
se d’una gloria, e d’un poter splendenti,
fratelli, eroi, duci vi veggio, e amici?
Timof. Madre, per me non resterá, tel giuro.