Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/144

Da Wikisource.
138 timoleone
ma il sangue ognor quí si lavò col sangue;

né acciar mancò vendicator quí mai.
Timof. E venga il ferro traditore; e in petto
a me pur piombi: ma, finch’io respiro,
vedrá Corinto e Grecia, esser non sempre
rea la possa d’un sol: vedrá, che un prence,
anco per vie di sangue al trono asceso,
lieto il popol può far di savie leggi;
securo ogni uom; queto l’interno stato;
tremendo altrui, per l’eseguir piú ratto;
forte in se stesso, invidíato, grande...
Timol. Oh! che insegnar vuoi tu? Dei re gli oltraggi
noti non sono? e i dolorosi effetti
non cen mostra ogni dí l’Asia avvilita?
Pianta è di quel terreno: ivi si alligna;
ivi fa l’uom men ch’uom; di quí sterpata,
pari fa i Greci ai Numi. Il popol primo
siam della terra noi. — Di te, che speri?
D’esser tu re dai tanti altri diverso? —
Giá sei nemico, e lo sarai piú sempre,
d’ogni uom ch’ottimo sia; d’ogni virtude
invidíoso sprezzator; temuto,
adulato, abborrito; altrui nojoso,
insoffribile a te; di mercar laude
avido ognor, ma convinto in te stesso,
che esecrazion sol merti. In cor, tremante;
mal securo nel volto; eterna preda
di sospetto e paura; eterna sete
di sangue e d’oro, sazietá non mai;
privo di pace, che ad ogni uom tu togli;
non d’amistá congiunto, né di sangue
a persona del mondo; a infami schiavi
non libero signor; primo di tutti,
e minor di ciascuno... Ah! trema; trema:
tal tu sarai: se tal pur giá non sei.
Echilo Ah! no; piú caldi mai, né mai piú veri