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150 timoleone
mal ti affidi, se in altri: in mille forme

cinto di morte stai: di quante spade
ti vedi intorno in tua difesa ignude,
ciascuna è quella, che repente puossi
al tuo petto ritorcere. Deh! credi,
a me sol credi. O cangia, o uccidi, o trema.
Timof. Al mio destin lasciatemi. Trascorso
non fia ’l dí, che voi tanto a me tremendo
ite annunziando, che convinti avrovvi
io meglio assai: né a voi discaro fia
la pietá, di cui sete a me sí larghi,
ritrovar piú efficace in altri forse.


SCENA QUARTA

Echilo, Demarista.

Echilo Tu il vuoi cosí? teco ogni ufficio mio

oltre il dover compiei. —
Demar.   Deh! corri, vola;
Timoleon quí traggi: a lui gran cose
deggio narrar io stessa. Ogni adunanza,
deh! fa ch’ei sfugga intanto: ei sta in periglio...
Veglia sovr’esso... Io palpito... Quí il traggi,
ad ogni costo, deh! pria che la notte
scenda; securo ei non sarebbe altrove.
Va; d’una madre abbi pietade; un figlio
salvami; a far l’altro piú mite io corro.


SCENA QUINTA

Echilo.

Qual turbamento! Oh! quale orrendo arcano

ne’ suoi detti s’ammanta?... Oh cielo!... E donde
nel rio tiranno securtá pur tanta?