Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/160

Da Wikisource.
154 timoleone
e dobbiam noi salvar la patria. S’oda

Demarista frattanto.
Timol.   — Esperto appieno
tiranno è giá Timofane: ei sa tutte
troncar le vie; d’ogni alma insignorirsi;
spíar le menti; ed atterrire altrui
quanto atterrito egli è.
Echilo   Ma ancor ben tutto
antiveder non sa.
Timol.   Misero!...
Echilo   Il volle;
ei stesso il volle: ogni pietá m’ha tolta.
Oh ciel! chi sa?... forse or gli amici nostri...
Timol. Due di lor, de’ piú prodi, a noi da lungi
vedea venire: Ortàgora, e Timéo:
ma fei lor cenno di ritrarsi.
Echilo   Errasti.
Che non li vidi anch’io!
Timol.   Se a morte viensi,
bastiam quí noi.
Echilo   Troppi anco siam, se viensi
a sforzata vendetta, è ver; ma gli altri
per lor mezzo avvisar poteansi forse.
Timol. Perché nulla tacermi? Uscir fia ’l meglio...
Echilo Vien gente, o parmi: odi tu?
Timol.   L’odo; e i passi
di donna son: forse è la madre.
Echilo   È dessa.


SCENA SECONDA

Demarista, Timoleone, Echilo.

Demar. Ah figlio!... oh gioja!... Io ti riveggo, o figlio.

Echilo, oh quanto mi prestasti insigne,
pietoso ufficio! il mio figliuol riveggo...