Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/250

Da Wikisource.
244 maria stuarda
vedova, o sposa tu? Colui, che hai posto

tu stessa in trono al fianco tuo, che ha nome
di re, ti è sposo? ovver nemico, o schiavo?
Maria Schiavo Arrigo, o nemico, a me? Che parli?
Amante e sposo ei nel mio cuore è sempre;
ma nel suo, chi ’l può dire?
Lamor.   Ei, da te lungi,
tuoi veri sensi interpretar mal puote;
e men tu i suoi.
Maria   Lungi da me ch’il tiene?
S’impon da corte ei volontario il bando.
Quante fíate al ritornarvi invito
non gli fec’io? Pur dianzi, ove ridotta
morbo crudel mi avea di vita in fine,
non che vedermi, intender del mio stato
volea pur ei? Dell’amor mio quest’era
premio, il miglior; taccio degli altri; e taccio,
che di vassallo mio re vostro il feci,
e per gran tempo mio; che ai piú possenti
re di Europa negai per lui mia destra. —
Non rimembrar, far beneficj io soglio;
ed obliar saprei fors’anche i tanti
non giusti oltraggi a me da Arrigo fatti,
se in lui duol ne vedessi, almen pur finto.
Lamor. Da te in bando lo tien fredda accoglienza,
e susurrar di corte, e vili audaci
sguardi de’ grandi, e lo accennarsi, e il riso,
e l’esplorare, e l’auliche arti a mille,
atte a scacciar, non ch’uom che re si nomi,
ma qual piú umile e sofferente fora.
Maria E allor che a lui tutta ridea dintorno
questa mia corte, altro il vid’io? Le faci
ardeano ancor quí d’imeneo per noi,
e mi avvedeva io giá, che in cor gli stava
non io, ma il trono. Ahi lassa me! deh, quante
volte il regal tiepido letto io poscia