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atto primo 245
bagnai di pianto! e quante al ciel mi dolsi

d’altezza troppa, ove per essa tolto
era a me d’ogni ben l’unico, il sommo,
l’essere amando riamata! Eppure
io, benché lungi da soverchia e falsa
opiníon di me, pur mi vedea
di giovinezza e di beltade in fiore
quanto altra il fosse; e d’amor vero accesa,
che pregio era ben altro. Or, che n’ebb’io?
D’ogni oltraggio il piú fero in cambio n’ebbi.
Largo al par del mio onore ei, che del suo,
con empia man traea quel Rizio a morte;
macchia eterna ad entrambi...
Lamor.   E che? nol desti
or per anco all’oblio? Straniero vile,
in soverchio poter salito, ei spiacque
al tuo consorte: e al popol tuo...
Maria   Ma farsi
ei l’assassin dovea di un vil straniero?
Fare, o lasciar, che sel credesse il mondo,
ch’io per colui d’iniqua fiamma ardessi?
Giusto Dio, ben tu il sai! — Fedel consiglio,
conoscitor degli uomini sagace,
ministro esperto erami Rizio: in mezzo
al parteggiar secura, per lui, stetti:
vani, per lui, della instancabil mia
aspra nemica Elisabetta i tanti
perfidi aguati: Arrigo in fin, per lui,
la mia destra ottenea con il mio scettro.
Né disdegnava ei lo straniero vile,
fin che per mezzo suo vedea da lungi
la corona, il superbo. Ei l’ebbe: e quale
mercé ne diede a Rizio? Infra le quete
ombre di notte, entro il regal mio tetto,
fra securtá di sacre mense, in mezzo
a inermi donne, a me davanti, grave