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20 | rosmunda |
ora innanzi a costei discuter teco
l’alte ragion di stato? Andiam; deh!, vieni:
lasciale or breve a ravvedersi il tempo:
miglior consiglio il suo timor daralle.
Lasciala omai. — Romilda, udisti? o all’alba
muovi buon grado il piede; e orrevol scorta
al fianco avrai, cui fia Ragauso duce;
o l’andar nieghi, e strascinarti ei debbe.
SCENA QUARTA
Ildovaldo, Romilda.
Romilda, oh ciel! che a perder t’abbia?...
Romil. Ah! niuna
speme, dal dí che mi fu morto il padre,
e ch’io mi vidi a tal madrigna in mano,
niun’altra speme entro il mio petto accolsi,
se non di morte.
Ildov. Ma, finch’io respiro...
Romil. Credi, null’altro a me rimane. Io sono
presta a morir, piú che nol pensi: in core
di vederti una volta ancor bramava;
darti d’amor l’estremo addio...
Ildov. Deh! taci.
Amata m’ami, e di morir mi parli,
finch’io l’aure respiro, e il brando cingo?
Colma ho ben l’alma di dolor; ma nulla
ancor dispero.
Romil. E donde mai salvezza
può a me venirne?
Ildov. E non son io da tanto,
che di man di costor trarti?...
Romil. Sí, il puoi: