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atto terzo 377
ai torbi spirti onde Fiorenza è piena,

dubbia avuta l’avresti in lui pur sempre.
Seco talvolta io m’abboccai, né il niego:
deh, tu lo udissi! il cor d’angoscia pieno
e d’amarezza, e con temenza, ahi quanta!
e con rispetto, moderatamente
del tuo errore si duole; e, te non mai,
soli ne incolpa i tuoi fallaci amici,
veri a virtú nemici; e in te i sospetti
non crede tuoi...
Cosimo   Ma pure, ei sa, che figlio
a me tu sei; come narrarti?...
Garzia   Ei forse
me di pietá crede capace...
Cosimo   Intendo:
in suo favor, tu presso me...
Garzia   I miei detti
appo te vani ei troppo sa...
Cosimo   Gli avrai
forse tu pur gli arcani tuoi dischiuso: —
tu, mesto sempre, e al par di lui, solingo: —
stringeavi forse paritá di affetti.
Quanto a’ suoi mali tu, pietoso ei dunque
a’ tuoi, non odia il sangue mio del tutto?
Egli ti ascolta, e parla? assai diverso...
Garzia Diverso, ah! sí, da quel che fama il suona.
Mi porgi ardir, ch’io non m’avria mai tolto.
Sappi, che il tuo piú caro (e qual vuoi scegli,
tra quanti hai carchi, io non dirò satolli,
d’onori, e d’oro) ei t’è men fido, il giuro;
e t’ama meno; e men per te darebbe,
di quel Salviati vilipeso, oscuro,
e certo in cor della innocenza sua,
cui provar, per piú pena, non gli è dato.
S’ei tal pur è nel suo squallore, or pensa
qual ei fora, se in pregio.