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398 don garzia
questo sangue, nol so. Certezza intera

ho sol, ch’ei non è il sangue ch’io ti chiesi.
Garzia Oh rabbia! e dubbio?... Or dunque vanne; i passi
porta tu stesso entro la orribil grotta;
lá vedrai steso in un lago di sangue
quel misero. Va; saziati del fero
spettacol; va: non che lo sguardo, appaga
ogni tuo senso: con la man ritenta
la piaga ampia di morte; il palpitante
suo cor ti pasci; il sangue a sorsi a sorsi
bevine, tigre; la regal tua rabbia
sfoga in quel petto esangue. Una, e due volte,
e quattro, e mille quel pugnal tuo immergi
in chi non può contender piú: fa prova
del tuo valor colá, scettrato eroe;
giá non ha loco altrove. — Oh nuova morte!
oh martir nuovo! Un parricida io sono,
figlio di Cosmo io sono; ed innocente
me Cosmo vuole?
Cosimo   Che un fellon tu sei,
chi ’l niega? chi? Morte ad un uom desti, il credo;
ma non quella, cui forza aspra de’ tempi,
giusta del par che necessaria or fea.
Uccisor sei, ma non del mio nemico:
altro non so; ma saprò il tutto in breve;
or or vedrò, con gli occhi miei...
Garzia   Ma Piero
non venne a te? non ti diss’ei, ch’ivi entro
per opra sua giá prima era Salviati?...
Cosimo Piero, sí, venne; e a me narrò, che posto
quí non ha il piè Salviati in questa notte,
né col pensiero pure. Or io men vado
lá, dove il suolo insanguinasti. Trema,
se non cadde egli. Il mio furor, che tutto
dovea piombar su l’accennata testa,
chi sa?... può forse,... oggi,... fra poco. — Trema.