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86 ottavia
ben m’è vergogna in ver, rival nomarmi

di Poppea: ma nol son; mai non ti amava
costei: tuo grado, il trono, e quanto intorno
ti sta, ciò tutto, e non Nerone ell’ama.
Ner. Perfida, or ora...
Ottav.   E tu, quand’io t’impresi
ad amar, tale, ah! tu non eri: al bene
nato eri forse: indole tal ne’ primi
anni tuoi, no, mai non mostrasti. Or, ecco
chi cangia in te l’animo, e il cor; costei
ti affascinò la mente; ella primiera,
ella ti apprese a saporare il sangue:
l’eccidio ell’è di Roma. Io tacio i danni
miei, che i minori fieno: ma sanguigno
corre il Tebro per te; fratello, e madre...
Ner. Cessa, taci, ritratti, o ch’io...
Poppea   Lo sdegno
merta costei del signor mio? Gli oltraggi
son le usate de’ rei discolpe vane.
Se offendermi ella, o se prestarle fede
potessi tu, solo un de’ motti suoi
punto m’avria. Che disse? ch’io non t’amo?
tu sai...
Ottav.   Tu il sai piú ch’egli: ei lo sapria,
se il trono un dí perdesse: appien qual sei
conosceriati allora. — Ahi! perché il trono,
sola cagion per cui Neron mi abborre,
era mia culla? ah! che non nacqui io pure
di oscuro sangue! a te spiacevol meno,
meno odiosa, e men sospetta io t’era.
Ner. Meno odiosa a me? Tu sempre il fosti;
e il sei vieppiú: ma, omai per poco.
Poppea   E s’io
avi non vanto imperíali, nata
di sangue vil son io perciò? Ma, s’anco
il fossi pur, non figlia esser mi basta