Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/120

Da Wikisource.
114 agide
altri può farla. In libertá il mio sangue

potrá ridurla forse: ma s’io, vile,
per non versare il mio, lasciato avessi
sparger per me dei cittadini il sangue,
giá piú Sparta or non fora.
Agesis.   In te (pur troppo!)
Sparta or si estingue. — Ed alla patria, al figlio
sopravviver vorrá spartana madre? —
Figlio, abbracciami.
Agide   Oh madre!... Anco m’avanzi
nell’altezza dei sensi. — Or dammi, e prendi
l’ultimo amplesso. Io lagrimar non oso
nell’abbracciarti; che il tuo pianto io veggo
da viril forza raffrenato starsi
sopra il tuo ciglio.
Agesis.   Agide mio,... sei degno
di Sparta in vero;... ed io di te son degna. —
Ch’io ancor ti abbracci... Oh! qual fragore?...


SCENA QUINTA

Leonida, Anfare, Soldati col brando ignudo,

Agide, Agesistrata.

Leon.   Al fine

vinto abbiam noi.
Agesis.   Che fia?
Agide   Deh! non scostarti
da me.
Anfar.   Soldati, ucciso Agide sia,
pria della madre.1
Agide   Il tuo pugnal nascondi,
com’io, per poco; ed aspettiamgli; e taci.2


  1. I soldati si muovono contr’Agide.
  2. I soldati vedendo Agide immobile che gli aspetta, a un tratto tutti si arrestano.