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126 sofonisba
Non la sua rabbia contro a me fia paga

di aver vinto ed ucciso e vilipeso
Siface, no: Cirta predata ed arsa,
e i Masséssuli tutti al duro giogo
tratti, no, sazia in lui non han la sete
ambizíosa e cruda. Or, nel vedersi
quasi in sue mani Sofonisba, a dritto
da lui tenuta, qual io son, nemica
implacabil di Roma; or, nel superbo
suo cuor, non vuoi che l’oltraggiosa speme
nutra ei di trarmi al carro avvinta in Roma?
Pur, ciò non temo; ancor che donna...
Massin.   Oh cielo
Che pensi tu? fin che di sangue stilla
mi riman nelle vene, esser ciò puote?
Ah! no; nol credo; or l’odio tuo t’inganna;
tu Scipion non conosci.
Sofon.   Odio, ed amore,
or mi acciecan del pari. Io quí venirne
mai non dovea: ma pur, securo loco
nel mondo omai non rimaneami nullo.
Piacque al mio cor di seguitarti, e al solo
mio cor credei; ma il mio dover, mio senno,
mia fama, in Cirta mi volean sepolta
fra le rovine sue.
Massin.   Ti duol d’avermi
seguito? Oimè! dunque il mio viver duolti.
Sofon. Sol mi dorrebbe ora il morir non tua:
e a ciò mi esponi. O Massinissa, il sai,
ch’io fra le fiamme di mia reggia in Cirta,
infra le stragi del mio popol vinto,
udir da te parole osai d’amore...
Ahi lassa me!... giá da gran tempo, al grido
di tua virtú ch’Affrica tutta empiva,
io di te presa; io, dai piú teneri anni
a te dal padre destinata; a un tempo