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Siface L’inaspettato viver mio, ben veggo,

ad ogni mira tua solo e fatale
inciampo egli è: ma un’ombra vana, e breve,
fia il viver mio. Cessò mia vera vita,
dal punto in cui mia libertá cessava:
a che restassi, il sai. Sublimi sforzi,
da te gli apprendo. Ancor che orrenda piaga
sien tuoi detti al mio core, a me soltanto
dovevi aprirti; a vendicarmi degna
io ti lasciava; e lascio...
Sofon.   A vendicarci,
non dubitarne, altri rimane. Ogni uomo
il suo dover quí compia; il mio si cangia,
al rivivere tuo. — Svelato appieno
t’ho del mio core i piú nascosi affetti:
mi udia Scipion; cui vil nemica io fora,
se in altra guisa io favellato avessi.
Scip. Franco e sublime il tuo parlar, mi è prova,
che me nemico non volgare estimi.
Deh, pur potessi!...
Sofon.   Assai diss’io. — Siface,
or ritrarci dobbiamo...
Siface   In breve, io seguo
i passi tuoi...
Sofon.   No: dal tuo fianco omai
non mi scompagno.
Siface   E abbandonarmi pure
dovrai...
Sofon.   Nol voglio; e alla presenza io ’l giuro
del gran Scipione. — Or via; deh! meco vieni:
alle orribili tante atre tempeste
che ci squarciano il core, un breve sfogo
vuolsi conceder pure. Il pianto a forza
finor rattenni, io donna: al tuo cospetto
no, non si piange, o Scipio: ma natura
vuol suo tributo al fine. Egli è da forte