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144 sofonisba
non conosco, né temo. A tutto io presto,

fuor che a perderti, sono; e pria...
Sofon.   Ti basti
d’aver tu sol tutto il mio core... Indegno
non ten mostrar... Ma, che dich’io? la vista,
la sola vista di Siface inerme,
vinto, e cattivo, eppur sereno e forte,
fia bastante a tornarti ora in te stesso.
Massin. Misero me!... Se almen potessi io solo!... —
Ma, di voi non son io men generoso;
ben altro amante io sono: e nobil prova
darne mi appresto...
Sofon.   Ecco Siface.
Massin.   — Udirmi
anch’ei potrá; né di spregiarmi ardire
avrete voi.


SCENA QUARTA

Siface, Sofonisba, Massinissa.

Massin.   Siface, al tuo cospetto

or si appresenta il tuo mortal nemico;
ma in tale stato il vedi, ch’ei non merta
nullo tuo sdegno omai.
Siface   D’un re fra ceppi
stolto fora ogni sdegno. A me davanti
se appresentato il mio rival si fosse
mentr’io brando cingeva, allor mostrargli
potuto avrei furor non vano: or altro
a me non lascia la crudel mia sorte,
che fermo volto e imperturbabil core.
Quindi or pacato mi udrai favellarti.
Massin. Il disperato mio dolore immenso
a te ristoro esser pur dee non lieve: