io da furie ben altre, omai tacerti
il mio non posso; né cangiare io ’l voglio,
se pria spento non cado. Ad ogni costo
salvare io voglio or Sofonisba; e salva
ella (il comprendo) esser non vuol, né il puote,
se non è salvo anco Siface. — In sella
giá i miei Numídi stanno: al sorger primo
della vicina notte, ove tu vogli,
Siface, un d’essi fingerti, a te giuro
d’esserti scorta io stesso, e illeso trarti
con Sofonisba tua, fino alle porte
di Cartagine vostra. Ivi tu gente,
armi, e cavalli adunerai: né vinto
egli è un re mai, cui libertá pur resta.
Abbandonar queste abborrite insegne
di Roma io voglio; e per Cartagin io,
e per l’Affrica nostra, e per te forse,
d’ora in poi pugnerò. Qualor tu poscia
regno e possanza ricovrato avrai,
sí che venirne al paragon del brando
re potrem noi con re, col brando allora
ti chiederò questa adorata donna;
ch’or non per altro a te pur rendo io stesso,
che per sottrarla a misera immatura
orribil morte.
Sofon. Ineseguibil cosa
proponi, e invano...
Siface Ei d’alto cor fa fede;
me non offende: anzi, a propor mi sprona
ben altro un mezzo, assai piú certo; e fia
piú lieve a lui, men di Siface indegno;
e in un...
Massin. Voi, domi dalla sorte avversa,
ineseguibil ciò che a me fia lieve,
stimate or forse; ma, se onor vi sprona,
meco ardite e tentate. Ultimo, e sempre